La prima menzione biblica di un luogo di adorazione si trova in Genesi (8:20-21), e parla di come Noè innalzò un altare sul quale offrì un olocausto. È certo che le offerte di Abele e Caino già presupponevano un luogo dedicato, e che questo luogo era lato sensu un altare, ma la prima menzione formale di un altare è questa che riguarda Noè.
Nella terra promessa, anche senza esserne in possesso, Abraamo innalzava sempre un altare nel luogo in cui Dio appariva, ma l’ultimo fu innalzato in un luogo determinato dallo stesso Dio, a tre giorni di cammino da dove Abraamo viveva: il Monte Moria. Su questo altare Isacco, suo figlio, sarebbe stato offerto.
I discendenti di Abraamo, a loro volta, continuarono questa tradizione, e i loro altari erano veri marchi (avevano significato religioso).
Tutti questi altari non erano altro che cumuli di pietre, raccolte nel luogo in cui si trovavano, sui quali un animale (nella maggior parte delle volte un agnello) veniva ucciso e bruciato. Solo nel tempo di Mosè, su istruzione divina, l’altare ricevette altri complementi e significati: era il Tabernacolo. La sua costruzione fu determinata da Dio, che diede i dettagli e le abilità necessarie ai costruttori.
Gli altari non sparirono, né furono ristretti al Tabernacolo. Giosuè e alcuni giudei innalzarono a loro volta degli altari. Lo stesso Davide ne creò uno nello stesso luogo in cui, secoli prima, Abraamo sveva offerto suo figlio. E, in quello stesso luogo, alcuni anni più tardi Salomone avrebbe costruito il Tempio.
Le altre nazioni hanno sempre avuto altari. In realtà, non si conosce nessun popolo che non abbia avuto, perlomeno, una vaga nozione di un dio che riceve offerte. Tali offerte, sanguinarie o no, sono sempre state offerte in luoghi semplici o in edifici impressionanti, che possiamo tranquillamente chiamare altari: ziggurat, piramidi egizie, azteche, maya o sudanesi, ecc.
Tornando al Tabernacolo, è necessario sottolineare il fatto che esso era un complesso circondato da una struttura di pali e teli lunga circa 50m e larga 25, il cui ingresso era consentito solo ai sacerdoti e ai rispettivi offerenti con le loro vittime.
In essa si trovava un braciere di bronzo (o, più propriamente, altare, anche chiamato altare di bronzo) sul quale e vittime, dopo essere state sgozzate, erano bruciate. C’era anche una conca di bronzo con la quale i sacerdoti dovevano purificarsi, e una tenda per loro di quasi 15 metri di lunghezza per 5 di larghezza (l’unica parte coperta). Questa tenda era divisa per un terzo da una spessa cortina. Il principale terzo era chiamato Luogo Santo, e il minore Santissimo (o Santo dei Santi).
Nel Luogo Santo si trovava il candelabro d’oro (menorah), un tavolo rivestito d’oro sul quale erano collocati i pani, e un altare minore a sua volta ricoperto d’oro, dove si bruciava l’incenso. In questo posto i sacerdoti entravano, conforme all’esigenza di ogni cerimonia, per presentare a Dio il sangue di determinate vittime.
Nel Santo dei Santi, rifugio dell’Arca dell’Alleanza, poteva entrare solo il sommo sacerdote, e solo una volta all’anno!
In realtà il Tabernacolo era una struttura portatile che doveva accompagnare il popolo nel suo pellegrinaggio. Tuttavia, dopo l’arrivo alla Terra Promessa, rimase a Silo nel corso dei quattro secoli dei Giudici e poi a Nob e a Ghideom fino alla sua sostituzione con il Tempio.
Davide, vivendo in una “palazzo di cedro” (2S7:2), si ricordò, con qualche rimorso, del fatto che l’Arca dell’Alleanza era ancora in una tenda (o Tabernacolo), e decise di prepararle un luogo adatto. Dio l’aveva proibito, chiarendo che nessuna casa sarebbe stata adeguata alla Sua presenza, ma permise a suo figlio Salomone di costruirne una.
Sebbene Salomone avesse diretto l’opera, leggiamo nel Libro delle Cronache che persino la pianta delle diverse costruzioni che componevano il Tempio gli erano state date da Davide. Di fatto, il luogo, i materiali, gli strumenti, gli officianti, così come le musiche e gli strumenti musicali, furono tutti preparati da Davide.
Il Libro dei Re riporta: “Per la costruzione della casa si servirono di pietre già preparate nella cava; così nella casa, durante la sua costruzione, non si udì mai rumore di martello, d'ascia o d'altro strumento di ferro.” (1Re6:7)
Salomone ordinò di appianare la valle tra i monti Moria e Sion per creare una grande spianata, nel mezzo della quale costruì il Tempio le cui dimensioni erano il doppio di quelle del Tabernacolo. L’unica parte coperta (dove si trovavano il Santo e il Santo dei Santi) era lunga 30 metri e larga 10, ed era circondata da depositi che contenevano il necessario per le cerimonie e per la vita quotidiana dei sacerdoti.
Durante il corso di quasi 400 anni (dal 973 al 586 a.C.), il Tempio di Salomone fu al centro della vita di Israele, specialmente della Tribù di Giuda, fino alla sua distruzione da parte dei babilonesi, che catturarono gran parte dei giudei.
I babilonesi furono dominati dai persiani, che autorizzarono il ritorno dei giudei. Ai tempi di Neemia e Esdra, il Tempio fu ricostruito. Non era impressionante quanto quello precedente (Aggeo 2:1-4), e fu innalzato con grandi difficoltà, ma somigliava molto a quello di Salomone. Ciro, il re dei persiani, decretò le dimensioni dell’opera (30 metri di altezza e 30 di altezza), la restituzione degli utensili che Nabucodonosor aveva portato via, il pagamento dei costruttori e degli officianti del culto, così come delle vittime e dei viveri necessari ai sacrifici. Tutto questo pagato con il suo denaro. In altre parole: il culto era sostenuto da stranieri.
Quando Salomone aveva inaugurato il primo Tempio, aveva più volte pregato in questo modo: “se il tuo popolo, che si chiama con il tuo nome…” Ma ora le preghiere del Tempio dovevano includere Ciro e i suoi figli!
Quando Salomone inaugurò il primo Tempio, lo fornì degli utensili migliori e più cari rispetto a quelli del Tabernacolo (tavoli, candelabri, ecc.), ma l’Arca dell’Alleanza era la stessa che Mosè aveva costruito nel deserto. Ora, nel secondo Tempio, la maggior parte degli utensili furono restituiti, ma non l’Arca dell’Alleanza. Il Santo dei Santi rimase vuoto.
Quando Salomone inaugurò il primo Tempio, si ripeté ciò che era successo ai giorni del Tabernacolo: un fuoco dal cielo consumò tutto ciò che si trovava sull’altare. Nel secondo Tempio, non fu riportata alcuna manifestazione di accettazione divina.
Nell’anno 168 a.C., 384 anni dopo la consacrazione di questo Tempio, Antioco, discendente di uno dei generali con il quale Alessandro aveva stabilito il suo impero, lo profanò: costruì un altare a Zeus al suo interno, e ci sacrificò sopra un maiale. Tre anni dopo fu ridedicato, e fino ad oggi quella data è commemorata con il nome di Hanukkah (la festa delle luci).
Il Vangelo di Giovanni (2:20) riporta dei giudei che dissero a Gesù che servirono 46 anni per costruire il Tempio. I sinottici sono unanimi riguardo al fatto che, pochi giorni prima della crocifissione di Gesù, i discepoli attirarono la sua attenzione sulle pietre del Tempio. Erode aveva deciso di abbellirlo.
Aumentò la grandezza degli atri, ampliò la spianata (che arrivò ad essere 4 volte più grandi dell’Acropoli di Atene) e la circondò di verande. Elevò il frontespizio del luogo santo fino a 50 metri di altezza, e costruì la Torre Antonia nell’angolo a Nord Est della spianata con ottimi alloggi e un quartier generale che permetteva ai soldati di arrivare direttamente all’atrio dei gentili. Fu chiamato il Tempio di Erode.
Fu distrutto dal generale romano Tito nell’anno 70 d.C., in una lotta angosciante che la chiesa comparò alla “fine dei tempi”.
Osservate che, con il passare del tempo, a grandezza aumentò, così come il significato per il popolo, ma il Santo dei Santi vuoto puntava allo svuotamento del suo vero significato.
Il Tempio di Erode era ancora in piedi nel giorno della Pentecoste, e lì si celebrava una delle più elaborate e care cerimonie del tempo. Nello stesso istante, su una semplice terrazza, la “presenza di Dio” che si era manifestata nel Tabernacolo e nel Tempio di Salomone, si manifestò su ognuno dei discepoli di Gesù. Un nuovo Tempio era stato inaugurato dallo stesso Dio. Non fatto di pelli di animali, come il Tabernacolo, né di pietra, come il Tempio di Salomone, ma di persone consacrate al Signore.
Da quel momento fu quello il vero Tempio. Il esso dimora lo Spirito del Signore: “Non sapete che siete il tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?” (1Co 3:16).
Nello stesso testo in cui i giudei parlarono del tempo di riforma, Gesù lascia chiara l’identificazione del tempio con il Suo corpo. Di fatto, questa relazione è la chiave del significato del tempio: esso era una tipologia di Gesù. Così come, nel passato, il tabernacolo e i suoi successoti erano tipologicamente il corpo del Signore, oggi, tutti noi, siamo membra di questo corpo.
Il Tempio creato da Erode era stato onorato da Gesù, che si riferì ad esso come la “casa di mio Padre”, e lo purificò. L’Agnello di Dio non morì sul suo altare, come le vittime che lo simbolizzavano ma, giudicato e condannato nelle sue stanze, fu immolato nel più umile altare possibile: la croce.
Quando Gesù morì, la tenda del santuario (la cortina che separava il Luogo Santo dal Santissimo) si spezzò. Il tempio era così definitivamente superato e, per far sì che la chiesa – abituata a riunirsi sulla veranda di Salomone – se ne dimenticasse per sempre, Dio lo distrusse completamente, non lasciando pietra su pietra.
Continuare i sacrifici, seppur simbolicamente (come nel caso della chiesa cattolica) significa disprezzare il sacrificio di Dio. Innalzare un altro Tempio, che sia a Gerusalemme o a San Paolo, significa deridere ciò che fu portato a termine con le parole benedette “è compiuto!”.
Rev. Fôlton Nogueira
Membro del presbiterio della Chiesa Presbiteriana di Belo Horizonte, insegnante e cappellano del seminario JMC.Articolo originale: http://folton.blogspot.com/2014/08/a-proposito-do-templo-de-salomao.html
Traduzione Paini Alessia @FedeRiformata.com
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