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Compassione vera e matrimoni LGBTQ

Forse nessuna parabola è più amata del Figliol Prodigo nel Vangelo di Luca 15: 11-32. Essa tratta preoccupazioni ed esperienze universali. Possiamo tutti immedesimarci nello struggimento del padre della parabola quando consideriamo la tristezza e il dolore di avere un figlio o un amico ribelle, desiderando che i nostri cari possano un giorno pentirsi e recuperare la fede. Possiamo anche immedesimarci nel figliol prodigo in relazione ai nostri peccati. Siamo proprio come lui quando abbandoniamo i nostri peccati e ci rivolgiamo al nostro Padre celeste, sapendo che Lui non perdona con riluttanza o scarsezza, piuttosto Lui celebra il nostro pentimento. Inoltre, molti di noi conoscono cristiani professanti che sono come il fratello maggiore della parabola che guardano i peccatori pentiti dall'alto in basso e con risentimento perché il nostro Padre celeste li ha perdonati. Forse noi stessi a volte abbiamo agito come il fratello maggiore.

 

È bene che questa parabola sia così familiare e amata per entrambe le sue introspezioni nel cuore di Dio sia verso il perduto e sia perché fa riferimento alle diverse risposte degli umani alla grazia di Dio. Allo stesso tempo il nostro amore per questa parabola può farci perdere di vista tutto quello che il signore Gesù ci vuole insegnare con essa. In più proprio il nostro desiderio di non agire come il fratello maggiore ci rende suscettibili alla manipolazione emotiva da parte di persone che possono essere motivate dalla compassione per i peccatori perduti ma non si assicurano che la loro compassione sia fondata biblicamente, in ferma coerenza con l’immutabile verità del consiglio di Dio nella sua totalità.

 

Per capire cosa ci insegna la parabola del figliol prodigo sulla vera compassione di Dio e sulla compassione biblicamente fondata la quale Lui ci suggerisce di avere verso i peccatori, come prima cosa, dobbiamo guardare brevemente all’immediato contesto della parabola in Luca 15:1-10. La parabola del Figliol prodigo è la terza di una serie di parabole sulle cose perdute - la pecorella smarrita (Luca 15:4-7), la moneta smarrita (Luca 15:8-10) e il figlio perduto (Luca 15: 11-32). Gesù narra queste parabole in risposta alle lamentele degli scribi e dei farisei riguardo al fatto che Gesù riceveva e mangiava con i peccatori (Luca 15:1-2). Dall'osservazione di Gesù sui versi 7 e 10 sulla gioia in cielo sul pentimento, possiamo concludere che gli scribi e i farisei non comprendevano appieno la grazia e la misericordia di Dio. Le azioni sia del pastore nella parabola della pecorella smarrita, che della donna nella parabola della moneta perduta lo confermano. Dio riceve e si rallegra per quelli che una volta erano perduti nei loro peccati, ma sono adesso riconciliati con Cristo, abbandonando le loro trasgressioni e confidando in Cristo tramite la sola grazia di Dio. Inoltre Gesù ci insegna la compassione e la preoccupazione di Dio, il quale fa tutto ciò che è necessario per trovare e salvare le Sue pecore smarrite e riportarle nel suo recinto, così come il pastore e la donna interrompono tutte le altre cose a cui si stavano dedicando per trovare la pecorella smarrita e la moneta (Luca 15:3-10), Dio si rallegra quando la gente si pente (Luca 15:7, 10) ed è la sua bontà che ci guida al cordoglio (Lettera ai Romani 2:4). I farisei e gli scribi avevano torto a lamentarsi perché facendo così significava che, o non volevano che i peccatori si ravvedessero, oppure pensavano che quelli che si pentivano di peccati oltraggiosi non meritavano di ricevere la stessa calorosa, cortese e celebrativa accoglienza di Dio come quelli che commettevano peccati meno atroci.

 

Tutto questo ci conduce alla parabola del figliol prodigo. Il figlio minore è la rappresentazione di tutti quelli che peccano gravemente verso il Signore. Reclamando la sua eredità da suo padre prima che suo padre morisse era l’equivalente di dire a suo padre: “Vorrei fossi morto”. Per peggiorare la situazione, il figlio non resta con la sua famiglia dopo aver ricevuto l'eredità, ma l’abbandona, fuggendo in un paese lontano, nel quale dissipò la sua eredità in uno stile di vita sconsiderato (Luca 15:13). L'intensità della sua rovina è successivamente illustrata nel suo dover procurarsi da vivere nutrendo i maiali quando i suoi fondi vennero a mancare. I maiali erano impuri per gli ebrei e nessun ebreo (vorrebbe) trovarsi nelle loro vicinanze, tanto meno prendersi cura di loro, a meno che loro stessi si trovassero in una condizione di impurezza. (Luca 15: 11-16).

 

 

Il figlio minore provò mortificazione e si strusse e rammaricò del suo peccato e per la sua situazione, e decise di tornare a casa e confessare a suo padre il suo peccato. Il figlio minore era pentito, sicuro del suo peccato e meschinità, e ansioso di provare a chiedere perdono e misericordia a suo padre. Pensò che suo padre lo avrebbe ricevuto solo come un servitore e non come il suo amato figlio; invece, il padre organizzò una festa per suo figlio dandogli il più bel vestito e l’anello, facendo preparare il cibo migliore. Non badò a spese nella celebrazione del ritorno di suo figlio a casa (Luca 15:17-24. La lezione anche qui è chiara: la grazia e la misericordia di Dio sono così abbondanti che Lui celebra quando ogni peccatore torna da lui in ravvedimento. Come il Dott. R.C. Sproul commenta su questa parabola: “Questo figlio che aveva disonorato il padre, tornando a casa con stracci sudici, venne ricevuto da suo padre, il quale gli si gettò al collo e lo baciò. Questo è quello che Dio fa per ogni peccatore che si pente. Ti viene incontro, Ti abbraccia e Ti bacia nella tua sporcizia. È così come Dio opera.” Il padre non serba rancore verso suo figlio quando si pente e torna a casa.

 

Se non stiamo attenti potremmo comunque trascurare quello che il padre non fa nella parabola. Lui non va nel paese lontano con suo figlio. Il padre non incoraggia il figlio nella sua dissolutezza e non finanzia le sue imprese immorali. Nella sua ribellione il figlio rompe i rapporti con suo padre e, nella sua compassione, il padre rivuole suo figlio. L’immagine della parabola è quella di un padre che, sebbene non va nel paese lontano con suo figlio, è pronto ad accoglierlo nel momento in cui (il figlio) si allontana dalla dissolutezza della sua vita e ritorna a casa.  È come se il padre lo aspettasse all’entrata della sua casa, guardando e sperando per il rientro di suo figlio. È così impaziente per quel ritorno che riesce a vedere il figlio da lontano, dirigendosi verso di lui. (Luca 15:20). Riconobbe il figlio e si “commosse” per lui, la parabola descrive. Questa compassione era la prontezza a ricevere un figlio pentito sebbene rifiutando di incoraggiare, testimoniare silenziosamente, celebrare o sovvenzionare il peccato oltraggioso di suo figlio. Se ci facciamo imitatori di Dio, come Paolo ci sollecita ad esserlo (Efesini 5:1), la lezione è chiara: dobbiamo essere pronti a ricevere tutti coloro che si pentono, ma in nessun modo dobbiamo incoraggiare, testimoniare silenziosamente, celebrare o sovvenzionare il peccato di una persona. Se nel nostro rifiuto di fare tutto questo, loro scelgono di rompere i rapporti con noi, è colpa loro, non nostra. I cristiani devono obbedire a Dio piuttosto che all’uomo (Atti 5:29). Una disposizione ad amare ed accettare un ostinato peccatore non implica affermare e adottare la loro riprovevole ostinazione, stile di vita o decisioni per mantenere una buona relazione con loro. Nell’essere cristiani dobbiamo essere le persone più compassionevoli e magnanime che il mondo conosca quando preghiamo affinché i peccatori possano abbandonare le loro vie attraverso la proclamazione del vangelo di Gesù Cristo. E comunque la parola di Dio è chiara nel fatto che noi non dobbiamo dimostrare una approvazione del peccato o mantenere una buona relazione con la persona amata o un amico perché “[l’amore] non gioisce per l'iniquità ma gioisce con la verità” (Corinzi 13:6).

 

L’ultima parte della parabola riguarda la risposta del fratello maggiore del figliol prodigo, il quale prova rancore per la celebrazione del ritorno del figlio da parte del padre. Il figlio maggiore non ha reclamato la sua eredità prematuramente né l’aveva usata per dedicarsi ad atti peccaminosi. Pertanto, nel pensare che suo fratello avesse ricevuto qualcosa che lui, il più fedele tra i due, meritava, il fratello maggiore rifiutò di unirsi alla festa di ritorno organizzata dal padre per suo fratello, scegliendo invece di accusare suo padre di un trattamento fazioso. L’attitudine del fratello maggiore, simile all’attitudine dei farisei e degli scribi ai quali Gesù indirizzò questa parabola per primi, incarna un’avversione per il padre mascherata da un’apparente pietà. Per tutta risposta il padre dimostrò che il cuore del fratello maggiore non era nel posto giusto. Il fratello maggiore ha sempre avuto ogni bene dal padre sia quando il fratello minore era lontano che quando ritornò. Nel ricevere il ritorno del fratello non significava che lui ci avrebbe rimesso (Luca 15:25-32). La lezione è semplice: la grazia e la misericordia di Dio sono sufficienti per ricevere i peccatori ostinati senza nulla togliere a quelli che sono stati più fedeli in comparazione (rivisita Matteo 20:1-16) Il figlio maggiore avrebbe dovuto già saperlo e avrebbe dovuto conoscere il padre abbastanza bene da capire che la risposta giusta al pentimento è la celebrazione. La risposta del fratello maggiore mette in dubbio quanto poco lui conoscesse il padre, tanto quanto i farisei e gli scribi conoscessero di Dio. Non dovremmo essere come il fratello maggiore, ma dovremmo celebrare, anche quando uno dei peccatori più efferati si affida a Dio in fede e pentimento.

 

Il problema del fratello maggiore non era la disapprovazione della vita peccaminosa passata del fratello. Gesù non sta suggerendo affatto che la reazione appropriata del fratello maggiore sarebbe stata di approvazione del peccato di suo fratello. Il problema del fratello maggiore non era che riteneva sbagliato fare cose che potessero indicare o essere interpretate come approvazione del peccato. Piuttosto, il suo problema era il rifiuto di accogliere con gioia suo fratello nel momento in cui si pentì.

 

 

La vera compassione di Cristo

 

Dalla precedente esposizione di Luca 15:11-32 è chiaro che Dio è pieno di misericordia e di grazia e che celebra il pentimento di peccatori perduti che si rivolgono a Lui attraverso la fede in Gesù Cristo. La compassione di Dio per coloro che sono perduti è fondata sia sulla sua grazia che sulla sua giustizia. Nella sua sovrana provvidenza concede ai peccatori di fare ciò che vogliono e qualche volta li abbandona nei loro peccati, ma Egli non fa nulla che possa fare pensare all'approvazione dei loro peccati. Gesù mangiava con i peccatori, ma non li ha mai incoraggiati o celebrato i loro peccati. Gesù era loro amico con vera compassione per loro, e proprio per questo che lui li sollecita a pentirsi ed avere fede.

 

 

Pietà e giustizia, relazione e correttezza possono coesistere senza compromettersi nelle relazioni di Dio con i peccatori e questo si manifesta grandemente nel Signore Gesù Cristo.

Nei vangeli, Lui era felice di mantenersi in relazione con i peccatori ma poneva sempre un limite nel compromettersi nei loro peccati, o nell'accettare in silenzio o fare qualcosa che avrebbe potuto fare pensare ad approvazione - anche tacita- dei loro peccati.

Mangiò con Levi il pubblicano, e i pubblicani erano ben conosciuti in quei tempi perché rubavano dai contribuenti, ma Egli mangiò Levi solo quando Levi rinunciò a tutto per seguirlo, solo dopo che Levi si pentì (Luca 5:27-32). Egli ricevette l’adorazione di una donna peccatrice perché Egli perdonò i suoi peccati, no perché lei lo venerava quando ancora si trovava in uno stato di impenitenza (Luca 7:36-50). Festeggiò in casa di Zaccheo, un altro pubblicano, approvandolo, non nel suo peccato, bensì perché Zaccheo era in uno stato di penitenza, come si delucida dalla sua disponibilità di fare tutto ciò che poteva per vedere Gesù, e nella promessa di Zaccheo di restituire quattro volte tanto ciò che rubò. (Luca 19:1-10)

 

Gesù mostrò compassione persino verso alcuni farisei, per i quali riservava alcune delle sentenze più dure. Non poté resistere Nicodemo, ma si rese disponibile a conversare con lui quando Nicodemo lo incontrò di notte (Giovanni 3:1-15). Ma quando i farisei misero sotto pressione Gesù e i suoi discepoli per mantenere tradizioni extra-bibliche, il nostro Signore non volle seguire quelle pratiche. Nel farlo significava che le tradizioni umane si elevino al di sopra della parola di Dio (Marco 7:1-13). Se Gesù avesse ceduto a tale pressione, sarebbe stato un segno che Egli era in approvazione del peccato (Marco 15:1-19). Questo è vero fariseismo - un'adesione ostinata a tradizioni artificiali che vanno oltre o (sono) addirittura contrarie alla Parola autorevole di Dio e giudicando gli altri basandosi solamente su queste tradizioni. Non è fariseismo evitare di partecipare “alle opere infruttuose delle tenebre” (Efesini 5:11) o evitare di unirsi a quelli che non hanno timore di Dio (riferito a Proverbi 24:21). Nella prima lettera di Pietro 4:1-6, siamo istruiti direttamente da Dio a non partecipare, o approvare o essere testimoni silenziosi del peccato. Pietro inoltre ci dice che le persone si sorprendono quando noi obbediamo Dio e a volte potrebbero anche calunniarci perché non capiscono o accettano le cose che riguardano Dio (1 Corinzi 2:14-16). Dobbiamo evitare “ogni specie di male” includendo anche la rappresentazione del male (1 Tessalonicesi 5:22). Ci troveremo ad affrontare una immensa pressione a rassegnarci, anche se solamente mantenendosi silenziosi in testimonianza, comunque siamo chiamati ad essere inflessibili (Proverbi 1:8-10; 1Corinzi 16:13)

 

Pietà e giustizia, relazione e correttezza possono coesistere senza compromissione nelle relazioni di Dio con i peccatori

 

Cristo non lasciò che la sua perfetta rettitudine lo limitasse nel relazionarsi con i peccatori, ma Egli non permise che il suo desiderio di mantenere queste relazioni lo inducesse a fare qualcosa che potesse essere interpretato come approvazione del peccato. Questo non dovrebbe sorprenderci perché Egli è l’immagine perfetta del Dio invisibile, quindi l’espressione incarnata del carattere di Dio (Colossesi 1:15). Dio è compassionevole verso i peccatori perduti, mandando il suo unigenito Figlio per salvarli (Giovanni 3:16). Ma i peccatori che Gesù salva sono peccatori pentiti, non quelli che con le loro parole ed azioni chiamano bene il male e il male bene (Isaia 5:20). Gesù è l’Agnello che fu immolato per salvare i peccatori, ma Egli è anche l’Agnello conquistatore che porrà fine a tutte le malvagità (Apocalisse 5:6-10; 17:14) il quale non consentirà l’entrata in gloria a tutte quelle cose non impure, false or detestabili (Apocalisse 21:27).

 

Il nostro Dio non è l’autore del caos (1 Corinzi 14:33). Nella sua immensa compassione, non agisce in modo che possa suggerire che Egli tolleri il peccato. Se lo facesse, dunque, ci confonderebbe sia sul fatto di considerarlo santo e sia nel reclamare il nostro pentimento e la nostra fede, necessari per essere nella giusta relazione con noi. E grazie a Dio il quale nella sua sovranità ci guida verso la giusta relazione con se stesso - attraverso unicamente la sua grazia e solamente attraverso la fede, per causa sola di Cristo- conducendoci verso una vita di buone opere (Efesini 2:8-10), pertanto noi camminiamo nella Luce in quanto Lui è la Luce (1 Giovanni 1:5-7). 

 

Compassione vera e matrimoni LGBTQ

 

Quando detto sopra ha ramificazioni pratiche per un dubbio che molti di noi affrontano: può un cristiano andare ad una cerimonia di “matrimonio” di una coppia omosessuale o una coppia transgender? Alcuni hanno suggerito che un cristiano può attendere una di queste cerimonie in alcune situazioni a patto che il cristiano esprima la sua disapprovazione riguardo il loro stile di vita e ha detto loro che è peccaminoso. Alcuni suggeriscono che quando un cristiano ha chiaramente espresso alla coppia l’etica sessuale biblica, può allora partecipare al "matrimonio” e dovrebbe fare anche un regalo. Questo suggerimento di partecipare a questo tipo di cerimonia è qualche volta presentato come la risposta vaga una questione complessa e tutti coloro che si trovano in disaccordo con ciò, agiscono con un’attitudine moralista, farisaica e fondamentalistica simile a quella del fratello maggiore nella parabola del figliol prodigo. È stato suggerito che quelli che credono che non è mai appropriato per un cristiano partecipare a un matrimonio LGBTQ mostrano disapprovazione verso la persona invece di mostrare compassione.

 

Il problema a portata di mano, invece, non richiede una risposta vaga quando capiamo appieno cos’è il matrimonio, il significato della cerimonia matrimoniale e come i cristiani possono dimostrare compassione in tutte le circostanze. Il matrimonio è stato istituito da Dio durante la creazione come un’unione tra un uomo e una donna che dura per tutta la vita (Genesi 2:24-25). Una cerimonia matrimoniale esiste per sancire pubblicamente questa unione di fronte a testimoni del matrimonio. Quelli che attendono un matrimonio ne sono testimoni e quindi approvano quell’unione in un patto stipulato di fronte a Dio e all’uomo. Lo scopo dei testimoni in un matrimonio è quello di testimoniare quel patto di matrimonio che si stabilisce, e la presenza stessa dei testimoni segnala necessariamente che l’unione è desiderabile e conforme alle chiare disposizioni dell’immutabile e autorevole Parola di Dio.

Non dobbiamo dimenticare che i testimoni sono presenti per mostrare approvazione di quel matrimonio e per ritenere la coppia responsabile dei loro voti matrimoniali. I testimoni non sono meramente presenti per dimostrare il loro affetto per la coppia. Molti pastori fedeli, quando officiano matrimoni, spesso ricordano alla sposa e allo sposo e a tutti coloro che attendono, il proposito e il significato di quelli che testimoniano le promesse fatte durante la cerimonia matrimoniale. Per questa ragione molte cerimonie matrimoniali tradizionali affermano chiaramente che i partecipanti sono consenzienti del matrimonio quando chi lo officia chiede a coloro che sono presenti di dichiarare se ci sono obiezioni ragionevoli alla legalità di quella unione, se ci sono ragioni per cui quell’uomo e quella donna non dovrebbero sposarsi. Se nessuno si oppone, significa che non si è a conoscenza di una ragione legittima per cui quell'unione non dovrebbe svolgersi. Anche se il partecipante ha espresso la sua disapprovazione dello stile di vita LGBTQ alla coppia in anticipo è di secondaria importanza. Quello che conta è la sua partecipazione.

 

Inoltre, è chiaro dalla lettera ai Romani 1 che l’omosessualità e il rifiuto impenitente del proprio sesso biologico sono peccati atroci. Sono cose contrarie alla natura della realtà. Entrambi negano tutto quello che Dio ci ha rivelato attraverso la Scrittura ma anche nell’ordine creato - cioè che l’uomo è fatto per la donna e la donna per l'uomo. Questi peccati non sono imperdonabili ovviamente. C'è perdono per tutti coloro che li abbandonano e accettano Cristo per sola fede. Ma perché si pongono in estremo rigetto dell'ordine naturale, sono estremo rigetto di Dio il quale ha stabilito quell'ordine. Nell’avere una cerimonia matrimoniale per celebrare questo tipo di unioni prende tutto quello che è già un peccato estremo e lo rende anche più flagrante.

 

Quindi un cristiano, non può semplicemente partecipare ad una tale cerimonia, o comprare un regalo per la coppia per contrassegnare l’occasione, a prescindere da quanto ben intenzionato il cristiano possa essere. Quelli che suggeriscono che un cristiano può e dovrebbe attendere un “matrimonio” illegittimo e peccaminoso hanno suggerito che attendere un matrimonio di un amico o di una persona amata è la cosa più compassionevole da fare così da non apparire moralisti in quanto cristiani e che sarebbe la cosa più necessaria in modo da preservare la relazione. La vera compassione, invece, non approva il peccato né dà l'impressione di approvarlo. Non è mai l’atto più compassionevole approvare o testimoniare silenziosamente, o celebrare gli stessi peccati che stanno alla base dell’eterna dannazione di tutti coloro che rifiutano di pentirsi. Di fatto, non partecipare a tale cerimonia è il più grandioso atto d’amore. È la dimostrazione per la coppia che davvero amiamo Dio al di sopra di tutto e che siamo disposti a dimostrarlo quando gli altri vorrebbero un compromesso. Il primo e più grandioso comandamento è quello di amare Dio con tutto il nostro cuore, anima, mente e forza (Matteo 22:34-38). Il vero amore per il prossimo è essenziale (Matt 22:39-40), ma si ramifica dal giusto amore per Dio, e il giusto amore per Dio significa odio per il peccato e odio per atti che approvano il peccato. Partecipare, celebrare, o testimoniare silenziosamente solo per il bene della relazione sarebbe amare quella relazione più di Gesù. Dimostra agli altri che Dio non è tanto amabile e glorioso da dover essere apprezzato più di ogni altra cosa. Nell’attendere una cerimonia di “matrimonio” LGBTQ allontana la coppia da Dio come l’unica cosa che può pienamente soddisfarci e quindi è un atto di odio verso la coppia, Dà loro ulteriori ragioni per giustificare il loro rifiuto di amarLo più di tutto e pentirsi dei loro peccati. Permette loro di andare lungo la strada che porta all’inferno. I cristiani dovrebbero davvero amare i peccatori per non permettere tutto ciò. I cristiani dovrebbero amare i peccatori abbastanza da rischiare i loro rifiuto invece di fare qualcosa che possa incoraggiarli a rimanere estranei a Dio e senza nessuna speranza per l'eternità.

 

Inoltre, un rifiuto di un cristiano di partecipare al matrimonio LGBTQ non significa rompere la relazione con la coppia. I cristiani non sono chiamati ad evitare peccatori imperterriti né è loro proibito mostrare il loro amore in altri modi. Gesù non fece queste cose. Egli parlava con i farisei anche se loro lo rifiutavano di continuo. Ci sono innumerevoli modi in cui possiamo essere coinvolti nelle vite di peccatori impenitenti e cercare di condividere il Vangelo con loro. Una festa di compleanno, per esempio, non celebra un'unione di peccato ma esprime gratitudine per il celebrante, quindi non è sbagliato attendere un compleanno di qualcuno che vive uno stile di vita LGBTQ. Eventi quali lauree e pensionamenti che marcano un traguardo non sono anche loro celebrazioni di un'unione formale tra peccatori. I cristiani possono cenare con i peccatori impenitenti. Di fatto, essendo cristiani, dovremmo fare ciò che possiamo per mostrare loro affetto e gentilezza a patto che non costituisca approvazione o implicita approvazione, del peccato. Anche l’apostolo Paolo insegnò che i cristiani non dovrebbero rigettare i "sessualmente immorali di questo mondo” (1 Cor. 5:9-10). Piuttosto, Paolo era volenteroso di diventare “tutto per tutte le persone, attraverso il quale potrebbe salvare alcuni” (1 Cor. 9:22). Perché Paolo lo faceva? “Per amore del Vangelo, in modo da condividere con loro la sua benedizione”. Tuttavia Paolo non era disposto a compromettersi o condividere con loro le opere delle tenebre, come disse nella lettera agli Efesini: “Non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre; piuttosto denunciatele;” (Efesini 5:11). Questo comando richiede ai cristiani di dire no a certi inviti ad eventi e associazioni che celebrano, supportano o approvano il peccato. Molti cristiani hanno seguito questi principi, dandoci un nobile esempio di lealtà da seguire. Cristiani quali fioristi, panettieri e altri i quali si sono astenuti dall’uso dei loro talenti per celebrare cerimonie di “matrimonio LGBTQ, hanno perso il loro sostentamento e sono stati trascinati in tribunale. Hanno sopportato minacce di morte e sono stati definiti malvagi semplicemente per il fatto che si sono mantenuti leali a Cristo. Noi tradiamo loro e il Dio che loro servono quando diciamo che è accettabile, e anche giusto, qualche volta, partecipare ad un matrimonio LGBTQ.

 

I cristiani del primo secolo hanno affrontato immense pressioni per partecipare a cerimonie pagane. Erano condotti a quasi tutti gli eventi pubblici, e venivano spesso considerati antisociali per il loro rifiuto ad attendere. Inoltre, corporazioni commerciali partecipavano a questi eventi, quindi i cristiani erano spesso a rischio di perdere il loro lavoro. Non era abbastanza per loro di dire ai loro colleghi che non approvavano queste cerimonie per poi attenderle comunque. Dovevano completamente astenersi per quello che la loro presenza poteva implicare - l’approvazione dell’idolatria e l’adorazione demoniaca (1 Cor. 10:1-22). Al giorno d’oggi, affrontiamo situazioni simili con la partecipazione a matrimoni LGBTQ. Semplicemente nel partecipare, significa coinvolgersi in una cerimonia che mente su ciò che è il matrimonio e sull’approvazione di Dio di essa. Nella migliore delle ipotesi, una disapprovazione verbale con l’atto di partecipazione alla cerimonia manda un messaggio confuso che Dio approva e disapprova il matrimonio. Non è un atto di compassione. È un incoraggiamento di una menzogna, che è l’opposto della vera compassione. Quando ci rifiutiamo di incoraggiare tale menzogna, saremo insultati, odiati, chiamati moralisti. Ne è stato sempre il caso, Giovanni il Battista si è rifiutato di approvare un matrimonio illegittimo ed è stato decapitato per questo (Marco 6:14-29). Potremmo non correre il rischio di perdere la nostra vita, ma certamente potremmo affrontare odio per il fatto di non partecipare ad una cerimonia di "matrimonio" LGBTQ. Ma Gesù ci disse che il mondo potrebbe odiarci per la nostra lealtà a Lui. (Matteo 10:22; Luca 21:17; Giovanni 15:19; 17:14). È vitale esercitare sano discernimento, nel momento in cui siamo tentati di pensare che la cosa più amorevole da fare sarebbe di cedere alle richieste di coloro che vogliono definire l’amore come la nostra approvazione silenziosa di essere testimoni o di festeggiare i loro peccati. Dobbiamo soffermarci attentamente queste cose, come il Signore ci ha chiamati a fare (Efesini 5:10).

 

I cristiani che insistono che non dovremmo attendere ad un matrimonio LGBTQ non sono come “il fratello maggiore” che non desidera il pentimento di peccatori e si rifiuta di celebrare quando il peccatore si pente. I cristiani devono emulare il padre della parabola che rimane sempre a braccia aperte a ricevere il peccatore che si allontana dalle sue vie, ma non va con lui nel paese lontano. Attendere un matrimonio LGBTQ e comprare un regalo sono atti che comunicano agli altri, in qualche modo, approvazione dell’unione.

 

I cristiani dovrebbero essere le persone più gentili e compassionevoli con cui omosessuali e transgenders interagiscono. La vera compassione e la vera fedeltà al nostro Signore Gesù Cristo, comunque, non ci permettono di celebrare un impegno verso un peccato oltraggioso. Un cristiano fedele non può attendere e consentire una celebrazione che fa parodia di una istituzione ordinata da Dio per un uomo e una donna. Nel comunicare il nostro rifiuto ad un invito di matrimonio, lo dobbiamo fare in maniera gentile ma decisa. La persona potrebbe prenderlo come un atto di odio e cercare di rompere la relazione, ma se questo accade, non è colpa nostra. Possiamo esprimere loro la nostra volontà di essere coinvolti nelle loro vite in altri modi, ma non possiamo permettere alla pressione della nostra società o a quella dei nostri amici e persone amate di indurci a partecipare a ciò che è proibito da Dio. La scelta di fronte a cui ci troviamo non è compassione contro la condanna. La scelta è compassione contro un compromesso. In una società in cambiamento costante, il vero amore e compassione per i nostri amici e persone amate significano stare fermi sulle immutabili verità della parola di Dio. Il compromesso in nome della compassione è precisamente il modo in cui il liberalismo si è insinuato nella chiesa attraverso i secoli. Ma la compassione che si fonda sulla verità, si dimostra consistente con la verità e si esprime attraverso la verità del Vangelo di Gesù Cristo il quale è la Via, la Verità e la Vita, diretta dalla grazia di Dio, alla salvezza degli eletti di Dio in ogni popolo, lingua e nazione per la gloria di Dio, per la gloria di Dio sola.


Articolo originale: True Compassion and LGBTQ Weddings, copyright year 2024, Ligonier Ministries. Used by permission. Tradotto con permesso.


Traduzione italiana Agata Nicotra @FedeRiformata.com

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